A passeggio col feticcio di Coco Chanel
Abiti e accessori usati vivono la loro stagione fortunata.
E c’è chi, per la borsetta d’annata, spende fino a 1.000 euro.
[prosegui la lettura]Tutti pazzi per il vintage: la passione per la moda “che fu” non è certo cosa nuova, ma un’iniziativa editoriale dell’Ibc – Vintage. La memoria della moda, edito da Compositori – approfondisce l’analisi su un fenomeno all’estero ormai consolidato e che in Italia, in questi anni, vive la sua stagione fortunata. “L’abito usato ha una lunga storia – osserva nella prefazione del volume Maria Giuseppina Muzzarelli, presidente del corso di laurea in Culture e tecniche del costume e della moda all’Alma Mater – fatta in buona misura di necessità e di tempi lunghi della moda che consentivano alle figlie di portare gli abiti delle madri e a molti uomini e donne, non miserabili, di indossare capi carichi di anni ma non perciò spregiati e anzi accettati con favore come dono o comprati anche a caro prezzo da sarti-rigattieri”. Insomma, la febbre del vintage non necessariamente trova ragione in una necessità di risparmiare. Semmai, negli anni Settanta, è stata “critica sociale verso il consumismo imperante, sia da parte degli strati alti della società che della massa, uniti nonostante le contrapposizioni”, scrive Iolanda Silvestri nel dossier dell’Ibc. E oggi, addirittura, ricorre al vintage chi vuole fuggire dall’omologazione forzata dell’industria tessile, un’utenza sofisticata che guarda con sospetto l’etichetta “Made in Taiwan”, scartandola di fronte alla possibilità di quell’altra – un po’ ingiallita – cucita a mano in sartoria.